Zio Vanja, scene di vita
"Zio Vanja, scene di vita" di Anton Cechov - Regia di Antonio Sixty e Claudio Orlandini - Con Fernanda Calati, Gaetano Calligaro, Margherita Caviezel, Pietro De Pascalis, Maurizio Salvalalio, Debora Virello. - In scena a MTM Teatro Litta fino al 23 marzo 2025 - Recensione di Claudia Pinelli (nella foto: presentazione grafica)

Lo spettacolo "Zio Vanja, scene di vita" di Cechov è stato portato sulla scena da Antonio Sixty e Claudio Orlandini senza forzature registiche, coadiuvati nel loro lavoro dalla bravura e dalla professionalità di attrici e attori provenienti, in qualità di insegnanti o ex allievi, da Grock scuola di Teatro.
Il tempo è sospeso per questi personaggi di Cechov che si muovono in uno spazio che li costringe a confrontarsi mentre la loro individualità è imprigionata in aspirazioni frustrate. La vita nella tenuta di campagna fino a quel momento amministrata dallo zio Vanja (un bravissimo Pietro De Pascalis) e dalla nipote Sonja (Debora Virello) viene turbata dall'arrivo dell'anziano padre di lei, il professor Serebrjakov, un perfetto Gaetano Callegaro, proprietario della tenuta e cognato di Vanja, con la nuova giovane moglie Elena, Margherita Caveziel, che vorrebbe vendere la proprietà. Una vita di rinunce, lavoro, abnegazioni, aspirazioni, innamoramenti respinti emergono quindi, mentre intervengono a vivacizzare quei rapporti stantii il medico del paese Astrov, Maurizio Salvalalio, alcoolista, e la tata Marina, un'intensa Fernanda Calati, che tiene le fila e segna il tempo degli atti in scena. In dialoghi che non permettono mai un vero confronto tra i protagonisti ognuno chiuso nella propria dimensione mentre il tempo si cristallizza, gli attori si muovono in uno spazio scenico che sottolinea le distanze e non fa mai avvicinare, ogni personaggio avvinghiato a una vita e a luoghi da cui vorrebbe, a parole, fuggire, ma che, nella monotonia, rimangono rifugio.
Lo spettacolo, che ha una durata ormai rara, ha un buon ritmo e sicuramente il pregio di riportare alla ribalta questa opera del grande scrittore e drammaturgo russo, rispettandola profondamente in un lavoro ben impostato, quasi da scuola di teatro. Unico appunto, per le scene recitate sotto il palco in questo allestimento che non permettono a tutto il pubblico una perfetta visione.
Claudia Pinelli