L'Empireo

28.01.2025

L'Empireo - The Welkin di Lucy Kirkwood - Regia di Serena Sinigaglia - Visto al Teatro Carcano il 24 gennaio 2025. Recensione di Adelio Rigamonti (nella foto L'Empireo - Scene di Maria Spiazzi - Regia di Serena Sinigaglia)

L'Empireo - Scene di Maria Spiazzi - Regia di Serena Sinigaglia
L'Empireo - Scene di Maria Spiazzi - Regia di Serena Sinigaglia

CORAGGIO E MILITANZA NELL'EMPIREO AL CARCANO

Venerdì scorso mi sono recato al teatro Carcano per vedere la prima nazionale de l'Empireo, la versione italiana di The Welkin della grande drammaturga contemporanea inglese Lucy Kirkwood. Mi attendevo il solito grande spettacolo messo in scena dalla sempre splendida regia di Serena Sinigaglia; ho assistito a di più, molto di più, e sarà forse per questo che prima di scrivere la recensione ho voluto prendere fiato e respiro per tentare di tirar fuori tutto quanto si era insediato in me durante il monumentale spettacolo.
Quello portato in scena al Carcano è teatro di testo e di parola, un testo che affronta le tematiche di genere senza permettersi esercizi inutili di retorica di sovente scontata e spesso banale, è teatro militante con tanto, tanto, tangibile coraggio. Ambientato nella metà del Settecento in Inghilterra, è testo, nella traduzione di Francesco Bianchi e Monica Capuani, quest'ultima anche dramaturg, soprattutto drammaticamente contemporaneo, e sottolineo nuovamente coraggioso, nei suoi disperati e disperanti contenuti.

La scenografia è di Maria Spiazzi, che che si è cimentata in un grande lavoro di sottrazione offrendo al pubblico una scena lineare: un semicerchio di quattordici sedie su cui siederanno dodici donne, le matrone, un uomo e la condannata all'impiccagione per aver ucciso, insieme al suo compagno, una bambina. Già la scenografia della Spiazzi è forte suggestione che dal suggerimento tribunalizio va ben oltre fino a evocare spazi per drammatici, rigorosi cori antichi ed è nella suggestiva fruizione del coro classico che si sviluppa praticamente tutto lo spettacolo che, pur non tradendo del tutto le sue origini di reading, si anima e si arricchisce con misuratissimi gesti di insieme che riescono a comunicare al pubblico qualcosa di molto prossimo allo ieratico. Le dodici donne-matrone, convocate da un giudice che non può far giustiziare per omicidio una giovane donna che si dichiara essere incinta dovranno appurare la verità di questa affermazione, quindi hanno il potere di vita e di morte sulla ragazza. Le donne sono accompagnate da mister Coombs, forse il garante dell'indagine, un uomo del tribunale che non può, non deve intervenire nel dibattito tra le donne. Da sottolineare, da un punto strettamente teatrale, la presentazione delle singole matrone che diviene una sorta di coro di sottofondo da cui emerge costantemente, oltre il nome della giurata, il termine Bibbia su cui le matrone sono chiamate a giurare. Altro riferimento alla religione, non solo del Settecento, è il pregare assieme fatto su più livelli in modo decisamente ironico. Il dibattito, se sia reale l'affermazione della giovane imputata, è un continuo intrecciarsi di storie al femminile da cui emerge spiccatamente la mancata conoscenza del corpo femminile, sia da parte degli uomini, sia da parte delle donne.  

Mentre il pubblico vede il dipanarsi sul palco del dibattito, è costretto a rendersi conto di un altro protagonista, non visibile, esterno: la voglia di violenza degli abitanti che davanti al tribunale chiedono solo impiccagione e sangue.

Straordinario tutto il cast degli interpreti che rendono indimenticabili col corpo e con le parole i personaggi a loro affidati. Mi sembra corretto citarli tutti, come da locandina, in ordine alfabetico: Giulia Agosta, Alvise Camozzi, Matilde Facheris, Viola Marietti, Francesca Muscatello, Marika Pensa, Valeria Perdonò, Maria Pilar Perez Aspa, Arianna Scommegna, Chiara Stoppa, Anahi Traversi, Arianna Verzelletti, Virginia Zini, Sandra Zoccolan. Tutti da applausi, ma permettetemi due parole di elogio per Viola Marietti, un'efficace Sally Poppy, la giovane inquisita, carnefice e vittima al contempo. Nella sua disarmata battaglia per evitare l'impiccagione è sprezzante fino a momenti di volgarità, ma fondamentalmente rimane debole e vittima destinata in un mondo che ha difficoltà a migliorare e non è certo il passaggio d'una cometa (citato nello spettacolo) che può generare speranze di mutamento. D'altro canto, per fortuna di tutti, esiste e cerca d'imporsi un forte teatro militante e coraggioso. 

Credo che Serena Sinigaglia abbia, e da tempo, compreso come siano estremamente indispensabili militanza e coraggio per spingere verso un "Rinascimento necessario" in cui molti crediamo, Grazie Serena!

Adelio Rigamonti

ndr. per uno spettacolo così "ingombrante" mi sembra giusto e necessario aggiungre un EXTRA (ar)