IL BAR SOTTO IL MARE
"Il bar sotto il mare" da Stefano Benni, adattamento e regia di Emilio Russo - Visto il 12 dicembre al Teatro Menotti Filippo Perego. Recensione di Adelio Rigamonti (Nella foto la locandina dello spettacolo)
IL MELANCOMICO NECESSARIO
"Un uomo senza nome, mentre vaga per motivi sconosciuti nell'immaginario porto di Brigantes, incontra un vecchio (che indossa all'occhiello una gardenia), il quale, davanti ai suoi occhi, scende le scalette che portano al mare e vi si immerge, scomparendo. L'uomo, nel tentativo di fermarlo, lo segue e si ritrova in un incredibile bar, un luogo fantastico, punto di incontro di misteriosi avventori, ognuno dei quali si impegna, nell'arco di una notte, a raccontare una storia". Questo, più o meno, l'antefatto della raccolta di racconti Il bar sotto il mare di Stefano Benni da cui sono stati tratti alcuni racconti per dar vita all'ottimo spettacolo omonimo nell'adattamento e regia di Emilio Russo, in scena al Teatro Menotti - Filippo Perego fino al 31 dicembre.
Definire il genere dello spettacolo in questione come melancomico mi sembra perfetto. Quel bar, in cui avviene e può avvenire di tutto, posto sotto un immaginario mare credo si agiti dentro l'inconscio di molti se non di ciascuno di noi: che poi non si riesca a mostralo a tutti con la maestria di un sempre eccellente iconoclastico Stefano Benni è di certo un altro affare.
Sulla melancomicità si gioca la regia, frutto di un appassionato grande lavoro di Emilio Russo che propone alcuni eccellenti racconti tratti da Il bar sotto il mare e da altre raccolte. L'uomo senza nome sceso nel bar, a cui Benni dà il nome di ospite, alla prima al Menotti ha la fisicità e lo spaesamento di uno spettatore sorteggiato tra il numerosissimo pubblico. La scelta dell'ospite esterno mi è sembrato il ribadire la volontà di rompere la cosiddetta quarta parete della quale, negli anni Ottanta o poco prima, si discettava molto. Credo che regia e complesso attoriale debbano fare uno sforzo, a cominciare dalle prossime repliche, per coinvolgere maggiormente l'ospite casuale.
Sul palco Fabrizio Checcacci, Roberto Andrioli, Lorenzo degli Innocenti, accompagnati dalla chitarra di Cosimo Zannelli, narrano le stravaganti avventure non-sense di Benni. Il primo racconto narra di quando a Sompazzo, un immaginario paese sull'Appennino Tosco-Emiliano famoso per "le barbabietole e i bugiardi", il tempo "impazzì" e ci volle l'intervento dell'aggiustatutto del borgo, tale Ofezeina, per riaggiustare stagioni eccessive.
Tra canzoni e poesie si susseguono i racconti, quasi tutti esilaranti, a cominciare dall'epica sfida tra Achille ed Ettore: uno lo spazzacamini, l'altro il fornaio di Sompazzo, sono amici per la pelle e appassionati di ciclismo (con una predilezione per Fausto Coppi). Perciò quando, durante una passeggiata, trovano una bicicletta arrivata dal nulla, sarà inevitabile la sfida; delle inusuali armi della sfida lascio ai futuri spettatori la scoperta.
Tra Il pornosabato dello Splendor, La storia di Pronto Soccorso e Beauty Case (gran cammeo di teatro narrazione), lo strampalato, a dir poco, Shimizé, vi è spazio per il momento più alto e lirico dell'intero spettacolo: I quattro veli di Kulala. Il racconto narra di Oda, che deve recuperare dal dio Kulala i quattro veli che potrebbero ridare il sonno al marito.
Vi è poi Cappuccetto rosso rap, tratto da un'altra raccolta di Benni, paradossale rivisitazione delle classica fiaba ai tempi di droghe e spacciatori.
I bravissimi quattro interpreti Fabrizio Checcacci, Roberto Andrioli, Lorenzo degli Innocenti e Cosimo Zannelli si muovono in una semplice scena, disegnata con sapienza minimalista da Pamela Aicardi, tra tavolini e sedie di un normalissimo bar con tanto di bancone sul fondo di destra.
Un ultimo applauso al regista Emilio Russo e un invito a tutti i lettori di non lasciarsi sfuggire l'occasione per divertirsi, ridere di gusto con uno spettacolo elegante e necessario per ricevere profondi segni interiori. Da vedere.
Adelio Rigamonti