Elena 'H Eλένη
"Elena 'H Eλένη" di Ghiannis Ritsos - traduzione di Nicola Crocetti - regia di Elena Arvigo - visto al Teatro Out Off il 13 novembre - recensione di Adelio Rigamonti

"Elena" è un denso ed elevato monologo poetico tratto dal poemetto 'H Eλένη di Ghiannis Ritsos, nella traduzione di Nicola Crocetti. Il testo immagina un'Elena anziana che ripercorre la propria memoria e il mito, riflettendo sul tempo, la bellezza svanita e la fragile condizione umana. Una sorta di delirio resistente contro la guerra (tutte le guerre) e di ciò che rimane quando tutto è stato distrutto (dal prezioso foglio di sala).
L'"Elena" portata in scena da Elena Arvigo al Teatro Out Off è un esercizio di rarefazione poetica, un teatro fatto di fiato e luce, dove la parola di Ritsos vibra in ogni momento. Elena, l'eroina del mito, ormai lontana dalla propria leggenda, parla da un luogo interiore in cui il tempo non consola ma scava. È uno spettacolo di parola in cui il tutto attraversa e penetra gli spettatori.
La regia di Arvigo sottrae, distilla, riduce all'essenziale: una poltrona, una specchiera e tanti oggetti sparsi tra le sabbie di una vita e poi gesti, silenzi che pesano più di qualsiasi effetto scenico. La sua interpretazione è rigorosa e riesce a far emergere tutta la fragilità della figura immortale ridisegnata e scomposta nel presente. La sua recitazione con una grande variazione di timbri e toni si tiene accortamente lontano da toni melodrammatici, ma è sempre fedele alla concretezza della parola poetica di Ritsos e della grande traduzione di Crocetti. La presenza in scena di Monica Santoro, con il flauto e la voce, è decisamente un valore di pregio aggiunto che accompagna senza essere invasivo.
Il grande testo di Ritsos, anche se alle prime pur sembrare troppo complesso, è un'implacabile meditazione sul mito e sulla sua vanità: Elena, simbolo di bellezza e catastrofe, qui osserva la propria immagine come un reperto che il tempo ha eroso. È teatro di parola che chiede partecipazione emotiva offrendo in cambio una intensa esperienza umanamente interiore.
Un lavoro per chi ama la poesia scenica, i monologhi interiori e il teatro che non teme lentezze. Un esercizio di memoria e resistenza, fragile e potentissimo reso assai bene da una grande, come di consueto, interpretazione di Elena Arvigo.
Alla fine dello spettacolo, con la voce ancora rotta dalla fatica del lungo e poetico monologo, chiama sul palco Francesca Monte e Cece Mannazza che concedono una splendida "coda" intensificando ancora di più il messaggio di Ritsos contro tutte le guerre. Francesca Monte interpreta con grande efficacia "Il disertore" di Boris Vian, mentre Cece Mannazza legge due lettere di soldati tedeschi impegnati nell'assedio di Stalingrado nel corso della seconda guerra mondiale.
Adelio Rigamonti
