RECENSIONE TEATRO MANZONI (tman 23/4)

26.03.2023

Recensione de LA DOLCE ALA DELLA GIOVINEZZA di Tennessee Williams, visto il 23/3 e recensito da Adelio Rigamonti

I NOMI NON BASTANO A FAR TEATRO

Non sono certo sufficienti un'esemplare Elena Sofia Ricci e un imponente e pulito apparato scenico per rendere apprezzabile un testo esemplare e complesso come La dolce ala della giovinezza di Tennessee Williams.

Il testo è poco rappresentato, negli ultimi anni, in Italia forse anche perché fondamentalmente esige sia un cast attoriale numeroso e di buon livello sia una traduzione fresca in grado di svecchiare il tutto sicuramente datato.

Nell'adattamento visto al Manzoni il cast di contorno alla Ricci è formato da attori volonterosi, e nemmeno tutti, ma acerbi. La traduzione di Masolino D'Amico non porta valore aggiunto al testo di Williams e soprattutto non riesce a svecchiare nulla.

Due sono i personaggi cardine della storia scritta da Williams, in cui squallore e degrado sono tangibili: Alessandra del Lago (Elena Sofia Ricci) e Chance Wayne (Gabriele Anagni). 


Sono costretto a rifugiarmi in Wikipedia per una sintetica trama che ritengo necessaria perché molti particolari del testo originale sono stati ignorati o sorvolati in modo da lasciare gran parte del pubblico appeso e smarrito.

[…]"Chance Wayne torna a St Cloud, Mississippi,sua città natale, dopo fallimentari tentativi di sfondare come attore. Dopo essersi reinventato come gigolo, Chance torna in città con la stella del cinema in declino Alexandra del Lago, non più giovanissima, depressa e alcolizzata, in fuga dalle pessime recensioni che crede che il suo ultimo film le porterà. Chance si è legato alla donna nella speranza che gli possa spalancare le porte di Hollywood e durante un viaggio in Florida l'ha convinta a far tappa a St Could, per reincontrare Heavenly Finley, l'amore della sua giovinezza, lasciata in cerca del miraggio del successo. Ma Heavenly è solo l'ombra della ragazza di un tempo, anche a causa di una malattia venerea trasmessale da Chance. La ragazza operata in segreto da un chrirurgo maldestro era in seguito rimasta sterile. Suo padre, il politico corrotto Boss Finley, ha giuratto vendetta e vuole che Chance soffra la stessa sorte di un ragazzo nero del luogo, recentemente linciato e castrato. Con i soldi e la macchina dell'amante, Chance prova a dimostrare ai cittadini di St Cloud di essere un uomo di successo, ma viene smascherato in fretta e dai suoi vecchi amici. Intanto Alexandra ha scoperto che il suo ultimo film si è rivelato un grande successo di critica e pubblico, e decide di tornare a Hollywood trionfalmente. Chance vorrebbe quindi andarci con lei e sfruttare l'onda del suo successo, ma Alexandra realizza che un gigolo macchierebbe soltanto il suo buon nome. Resosi conto che la sua bellissima giovinezza è ormai sparita, Chance non sa come andare avanti: declina l'offerta di Alexandra di continuare a essere il suo amante segreto e decide di restare in città e subire la sua inevitabile punizione." (Da Wikipedia).


 Nella rappresentazione vista al Manzoni soprattutto il finale è affrettato, confuso e estraneo alle intenzioni dell'autore.

Pier Luigi Pizzi, regista-scenografo-costumista, una personalità indubbia del teatro internazionale che a chiamar maestro mi suona riduttivo si è forse affidato troppo alla storia e al nome di un'attrice come Elena Sofia Ricci, per costruire attorno all'attrice uno spettacolo fragile e soprattutto noioso.

Certo non è stato aiutato dal cast di attori che la produzione gli ha affidato. Chanche Wayne è interpretato da Gabriele Anagni, dal corpo apollineo, volenteroso e ostinato ma con poco mestiere così da costringere un'interprete raffinata come la Ricci di finire a volte sopra le righe per coprire le carenze del coprotagonista.

Degli altri (Chiara Degani/Miss Lucy, Valentina Martone/Heavenly Finley, Flavio Francucci/Tom Junior, Marco Fanizzi/George Scudder, Giorgio Sales/Bud, Eros Pascale/Scotty, Alberto Penna/Stuff Barman – Cameriere) ben poco da dire se non un augurio di migliorarsi anche perché il teatro nostrano avrebbe bisogno di nuovi attori.

La sufficienza, al termine della mia recensione, è merito esclusivo dell'interpretazione di una grande Elena Sofia Ricci, felicemente restituita al teatro.

Adelio Rigamonti