Recensione/TEATRO ELFO PUCCINI

08.11.2023

RE LEAR di William Shakespeare
Regia di Bruni/Frongia 
In scena fino al 18 novembre 2023 
Recensione di Claudia Pinelli

E' una vera opera d'arte questo spettacolo che porta in scena un'indiscussa opera d'arte: il Re Lear di William Shakespeare. Il risultato è potente, curato in ogni dettaglio partendo dalla traduzione realizzata da Ferdinando Bruni, letterale quanto basta, ma non appiattita, con alcune caratterizzazioni forti, di un gergale ricercato e studiato. Nulla è trascurato nella scenografia, essenziale ma da toni e disegni originali complementari al racconto, con teschi e spade a caratterizzare la violenza di un potere mascherato da regalità. Così come nella regia, nella scelta delle musiche, hard rock e musiche celtiche soprattutto nel finale a ricondurre al plot narrativo, nella sinergia tra gli attori. Questo non vuol dire che sia tutto perfetto, ma che c'è una struttura accurata e coinvolgente che riporta al dramma shakesperiano nella sua complessità e intensità.

Re Lear, interpretato da uno straordinario e poliedrico Elio De Capitani, è un sovrano ormai vecchio, colmo di vanagloria e di potere, sensibile all'adulazione, che si fa irretire dalle due figlie già maritate che sanno trovare parole che soddisfano il suo ego, a cui affida ciecamente ogni possesso, mentre rinnega la figlia minore, fino a quel momento la preferita, Cordelia, che non riesce a mettere enfasi nelle sue frasi di affetto nei confronti del padre. Cacciata, insieme al fedele Kent, andrà in sposa al re di Francia, mentre le sorelle Gonadin e Regan (le bravissime Elena Ghiaurov e Elena Russo Arman) prima sodali, emargineranno il padre in ogni decisione con la complicità dei mariti. In parallelo scorre la vicenda del conte di Glaucester irretito dalle trame del figlio minore illegittimo Edmund, contro il fratello maggiore Edgard. Quest'ultimo verrà relegato a una vita randagia mentre il fratellastro continuerà a ordire e tramare acquistando subdolamente sempre più potere, fino a un epilogo di riscatto del primo che ritroverà il padre ormai cieco per un'orribile vendetta.

Il primo atto ha una definizione di personaggi, di trama, di ironia nella tragedia imminente, che fa volare il tempo. Spicca la scelta della caratterizzazione del Matto (bravo Mauro Lamantia) per l'inflessione dialettale e gergale, per l'abbigliamento con maglietta da basket e cappellino di carta, voce fuori dal coro, che dissacrando rimane però servitore, accompagnando e sostenendo Lear anche nella caduta.

Le due figure parallele, Lear e Glaucester (Giancarlo Previati), sono padri ingannati che non sanno vedere oltre a sé. Chi li circonda sono esseri servili o ostili, ma anche figlie e figli che si fanno schiacciare dalla prepotenza altrui e, come Lear che troverà rifugio nella pazzia, così Edgard diventerà il mendicante Povero Tom (un bravo e "mobile" Mauro Bernardi, un po' caricaturale in alcuni passaggi per scelte registiche) emarginandosi. Solo quando ritroverà il padre e lo salverà dal suicidio, pur non facendosi riconoscere, riprenderà la sua dignità arrivando a un duello mortale con il fratello.

Il secondo atto trasforma tutto, la tragedia prende corpo, tutto è plumbeo mentre gli intrighi si svelano, la pazzia incombe come unico rifugio, ognuno solo nelle sue trame, il palco si svuota di scene, si riempie dei suoni assordanti e minacciosi di una notte di tempesta, il ritmo rallenta molto, la musica cambia, appaiono pistole accanto a spade, la temporalità si miscela in scelte non sempre chiare, facendo purtroppo perdere di intensità al momento più alto dell'opera, il lamento del padre per la morte della figlia ritrovata Cordelia.

Lo spettacolo è comunque avvolgente, con attori bravissimi su cui emerge Elio De Capitani, ma con alcuni non da meno. Frena un po' l'entusiasmo una Cordelia (Viola Marietti) ancora poco espressiva e caratterizzante, rigida e "scolastica" poco amalgamata nella sinergia del gruppo.

Il grande merito è di avere proposto un'opera di William Shakespeare, valorizzandone il contenuto e rispettandolo, facendo sentire quanto sempre attuali siano i temi trattati dal Bardo del 1600, senza voler spostare il piano narrativo, ma utilizzando linguaggi e musica che portano a un maggiore avvicinamento da parte del pubblico, senza semplificazione o superficialità e anche senza giudizio morale, così come nell'intento di Shakespeare che non giudica ma osserva l'umanità che emerge nel divenire della tragedia.

Con Elio De Capitani: Lear, Umberto Terruso: Kent/Messaggero, Giancarlo Previati: Gloucester, Mauro Bernardi: Edgard/Borgogna, Simone Tudda: Edmund, Elena Ghiaurov: Goneril, Elena Russo Arman: Regan, Viola Marietti: Cordelia/Vecchia, Giuseppe Lanino: Albany, Alessandro Quattro: Conwall/Capitano, Mauro Lamantia: Matto, Nicola Stravalaci: Oswald/Francia/Araldo. Regia, scene e costumi di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia. Traduzione di Ferdinando Bruni.

Uno spettacolo da vedere, consigliare e anche da rivedere.

Claudia Pinelli