RECENSIONE TEATRO DELLA COOPERATIVA (tdc23/2)

14.02.2023

Recensione de "NELL'OCCHIO DEL LABIRINTO - APOLOGIA DI ENZO TORTORA, visto e recensito da Adelio Rigamonti

LA CALUNNIA È... UNA FAKE NEWS

Ancora un volta il Teatro della Cooperativa fa centro con la proposta, in prima nazionale, de Nell'occhio del labirinto - Apologia di Enzo Tortora e prosegue nel riportare in scena e quindi alla memoria collettiva fatti e misfatti della storia del nostro Paese.

Il testo del giovane di talento Chicco Dossi è un ottimo monologo nel quale si narra e si scava per portare allo scoperto distorsioni aberranti alcune delle quali, come il caso Tortora, non sono dai più, e non solo da dai giovani non ancora nati ai tempi dei fatti, conosciute. Ben vengano dunque spettacoli necessari a mantener memorie.

Lo spettacolo, dedicato allo sconcertante caso di malagiustizia ai danni del celebre autore e conduttore di "Portobello" Enzo Tortora, è un riuscito monologo che si avvale della coinvolgente scrittura di Chicco Dossi, drammaturgicamente efficace e filante, in cui si intrecciano storie di mafiosi e uomini della politica misera del nostro Paese d'allora. Non che sia molto cambiata la nostra Italietta, personalmente credo peggiorata con l'avvento della Giorgia nazionale.

Tortora personaggio popolare, e qui ci starebbe bene l'attributo nazionalpopolare, fu usato per deviare l'opinione pubblica dai misfatti della criminalità organizzata in combutta con politici corrotti. Un altro poco edificante "sbatti il mostro in prima pagina". Sui social e, purtroppo, anche sulla carta stampata, vanno oggi di moda le fake news, ma Chicco Dossi riesce a ricordare come la manipolazione delle informazioni venga da lontano, lui stesso ha affermato che "testate autorevoli hanno contribuito a questa grottesca macchina del fango basata su pettegolezzi giudiziari, con fiumi di calunnie che hanno trasformato una persona onesta in un mostro dalla doppia faccia».

Il monologo, che condanna senza mezze misure anche l'informazione tutta che per una copia in più si rifugia nel sensazionalismo povero e becero, passa agevolmente dalla terza persona del narrante alla prima del narrato in una partitura drammaturgica solida e raffinata. Un testo che va ben oltre la rievocazione storica, ma penetra anche nella psicologia del condannato innocente.

Tutto il buono del testo è sorretto ed esaltato dall'interpretazione di un ottimo Simone Tudda, giovanissimo di certo talento. Spettacolo da vedere e seguire nelle, mi auguro, numerose repliche in giro per il Paese.

Adelio Rigamonti