RECENSIONE PICCOLO TEATRO - PAOLO GRASSI (ptpg23/1)

04.02.2023

Recensione de IL BARONE RAMPANTE visto e recensito da Adelio Rigamonti

LA DIFFICOLTÀ DI RENDERE TEATRALE UNA GRANDE OPERA LETTERARIA

Nel centenario della nascita di Italo Calvino, il Piccolo Teatro di Milano ha prodotto Il barone rampante, nell'adattamento di Riccardo Frati, che ha curato anche la regia.

Tralascerò di soffermarmi sulla trama dello spettacolo tratto da un testo grande e famoso di uno scrittore, Italo Calvino, altrettanto grande e famoso. Per chi non avesse avuto la fortuna di leggere il racconto, inserito nella raccolta I nostri antenati, a piè di pagina può legggere la trama tratta da Wikipedia.

Quando si decide di mettere in scena un capolavoro letterario ci sono fondamentalmente due vie: la rielaborazione drammaturgica, anche profonda, e la riproposizione quasi letteraria del testo lasciando che della complessità del teatro emerga soltanto l'aspetto scenico/visivo o poco più.

Riccardo Frati ha scelto questa seconda via lavorando con genialità sugli aspetti scenografici e rendendo il tutto una sorta di libro illustrato, gradevole va detto, smarrendo, però, la leggerezza e in gran parte il fantasioso e fantastico della lingua di Calvino.

Mi pare che il regista non sia riuscito pienamente a entrare nella complessità del racconto allestendo una drammaturgia visionaria, sicuramente efficace e gradita al pubblico, senza usare completamente tutte le risorse di libertà di linguaggio che il teatro possiede.

In uno spettacolo, che avrebbe bisogno di qualche taglio, i personaggi, tutti presenti in Calvino, nessuno escluso, sono disegnati a tinte forti, un poco sopra le righe e stona un pochino la vocina bambinesca imposta a Francesco Santagata, vocina che indebolisce leggerezza e complessità del testo originale.

Come già detto prima ciò che colpisce positivamente è la grande maturità scenica dell'allestimento di Frati che si avvale della suggestiva scenografia di Guia Buzzi supportata da un ottimo disegno luci di Luigi Biondi e da originali e piacevoli animazioni di Davide Abbate; di buona fattura i costumi di Gianluca Sbicca.

Il tutto è condiviso con un cast di attori in ottima sintonia tra loro. Francesco Santagata è il frizzante e acrobatico Cosimo sospeso su mobili passerelle e tra splendide vele/foglie e, vocina a parte imposta, dà sfoggio di notevole talento. Giovanni Battaglia interpreta con autorevolezza  il ruolo del fratello Biagio che, pur essendo minore di Cosimo, racconta da vecchio le vicissitudini del fratello che ha deciso di vivere sugli alberi. Battaglia è bravo a ricucire momenti nerrativi difficili da rendere teatralmente.

Gli altri interpreti sono Diana Manea, la militaresca madre, e Mauro Avogadro, Nicola Bortolotti, Michele Dell'Utri e Marina Occhionero che entrano ed escono da personaggi cardine o secondari con facilità riuscendo a consolidare il progetto registico di confondere infanzia e senilità.

Ribadita la difficoltà di rendere teatralmente un'opera complessa come Il barone rampante, lo spettacolo risulta gradevole e ripeto sorprende per la genialità degli apparati scenici.

Adelio Rigamonti 

Trama del testo originale IL BARONE RAMPANTE di Italo Calvino

La storia è ambientata nel Settecento ed è narrata da Biagio, fratello minore del protagonista, Cosimo Piovasco di Rondò. Il giovane, rampollo di una famiglia nobile ligure di Ombrosa, all'età di dodici anni, in seguito a un litigio con i genitori per un piatto di lumache, si arrampica su un albero del giardino di casa dichiarando di non volerne più discendere per il resto della vita. Cosimo dimostra ben presto che il suo non è solo un capriccio, spostandosi solo attraverso boschi e foreste e costruendosi a poco a poco una dimensione quotidiana anche sugli alberi.

Il protagonista conosce Viola, una ragazzina di cui si innamora, figlia di nobili anche lei, trova un fedele amico nel cane Ottimo Massimo (di cui si scoprirà che una volta apparteneva a Viola e che si chiamava Turcaret) e diventa popolare presso gli abitanti delle terre dei Rondò. Lo stile di vita di Cosimo si trasforma in un percorso di formazione e maturazione: egli conosce i ragazzini popolani, fa amicizia col bandito Gian de' Brughi (che morirà impiccato), studia la filosofia, arrivando a conoscere Voltaire per lettera, guida un attacco contro i pirati turchi, aiuta dei nobili spagnoli, i quali vivono anch'essi sugli alberi in una città chiamata Olivabassa, e forma una squadra di vigili del fuoco per prevenire gli incendi boschivi.

Il ritorno di Viola dal collegio fa avere a Cosimo una gioia immensa, ma temporanea a causa delle gelosie tra il protagonista e l'amata, che alla fine sposerà un nobile inglese e abbandonerà Cosimo. Nel frattempo anche ad Ombrosa si sente parlare della Rivoluzione francese e dell'esperienza travolgente di Napoleone Bonaparte: Cosimo, dopo tentativi di sollevare la popolazione locale, incontra il generale, rimanendone però deluso. Anziano e provato dagli anni sugli alberi, Cosimo non si arrende e non scende a terra, rispettando fino all'ultimo la propria promessa. Al passaggio di una mongolfiera, si aggrappa all'ancora e scompare all'orizzonte infine gettandosi in mare.

(Da Wikipedia)