RECENSIONE/TEATRO OUT OFF (too1)

11.11.2022

Recensione di TUTTA CASA, LETTO E CHIESA visto il 9 novembre e recensita da Adelio Rigamonti

UN'OTTIMA MONICA BONOMI GRIDA LA RABBIA DELLA DONNA NON LIBERATA

Dopo aver visto Tutta casa, letto e chiesa di Dario Fo e Franca Rame con la regia di Lorenzo Loris si esce dal Teatro Out Off con la bocca amara. Son più di uno i motivi per i quali lo spettacolo, virato al grottesco fedelmente all'originale, lascia un senso compiuto d'amarezza allo spettatore.

Troppa acqua è passata sotto i ponti da quel lontano 1977 quando la coppia Franca Rame e Dario Fo sentì l'impellente urgenza di mettere in scena questo, ormai storico, testo. Il femminismo grazie al quale si sono conquistate leggi come il divorzio, la 194 e qualche anno dopo l'uscita dal codice penale dell'assurdo delitto d'onore, è come se si fosse defilato nella congrua categoria del desueto. Eppure quanto ancora bisognerebbe ragionare attorno a quel termine e soprattutto a quel movimento in un periodo i cui i femminicidi sono numerosissimi e quasi esclusivamente commessi nell'ambito familiare!

Nel primo dei tre monologhi, Una donna sola, il testo evidenzia tutta la sua età: il linguaggio appare vecchio e non bastano piccole marginali citazioni al mondo d'oggi, Internet, WiFi, Youporn. Anche per via di piccole imperfezioni registiche (come ad esempio un telefono posto a sinistra dello spettatore e il trillo dello stesso che giunge forte da destra) lo spettacolo tarda ad avviarsi e le prime risate arrivano tardi, forse troppo tardi nonostante la bravura e l'empatia di Monica Bonomi che ci restituisce una signora Maria datata, come ho già detto, nel linguaggio. Forse qui sarebbe stato necessario uno scavare maggiormente da un punto di vista registico nel personaggio, ma soprattutto nel talento naturale dell'attrice, per far sì che quella sorta di richiesta d'aiuto alla virtuale dirimpettaia e fondamentalmente al pubblico divenisse un grido rabbioso, pur nel contesto grottesco, contro l'abitudine a patire storie di violenza domestica: una donna chiusa a chiave in casa, non solo privata della sua libertà ma anche della sua dignità. La signora Maria è adoperata da tutti gli uomini della sua vita, dal marito al cognato molesto, dal guardone del palazzo di fronte al giovane insegnante di inglese morbosamente innamorato. Solo l'esporsi senza reticenze al l'altra donna e al pubblico permetterà alla signora Maria di tentare di liberarsi dalle costrizioni fisiche e morali in cui vive con metodi anche e soprattutto non del tutto leciti.

Nel secondo episodio Abbiamo tutte la stessa storia la presa sul pubblico e tutto lo spettacolo sale d'intensità e coinvolgimento. Al centro di tutto una donna spigliata e irriverente e l'esordio è bruciante "Questa cosa dell'incintamento, della donna sempre e del maschio mai, proprio non mi va giù". Una volta mamma, racconta alla figlia una favola che è uno dei momenti di narrazione drammaturgica più alto. Al centro della favola una bambola, che dice parolacce per ribellarsi alle angherie di uomini machisti mentre una bambina le subisce senza smettere mai di nutrire speranza di vero amore da parte di un compagno negativo. In questa parte dello spettacolo rivive alta l'urgenza di un ritorno al femminismo d'allora per far sì che ogni bambina debba continuamente tenere presente la condizione femminile nella società moderna.

Nell'ultimo episodio, Medea, forte è la mano di Dario Fo che ci restituisce una Medea popolare in un volgare arcaico, una sorta di grammelot siciliano. Ne esce una efficacissimaMedea, che da Euripide arriva all'oggi per esprimere tutta la rabbia di una donna attuale ancora non liberata.

Una messa in scena del vecchio testo riuscita per tre quarti: occorreva un maggiore scavo nella personalità attoriale di Monica Bonomi. La presenza volenterosa di Tommaso Di Pietro di poco contribuisce alla cifra dello spettacolo come l'imponente scenografia nell'episodio di Medea che ormai è presente quasi in tutti gli spettacoli dell'Out Off e alla fine viene ridotta a un'entità strutturale del Teatro buona per ogni occasione.

Adelio Rigamonti


PER LA RECITAZIONE DI MONICA BONOMI (anche se non è per me cosa consueta):