RECENSIONE/TEATRO GEROLAMO (tge2)

07.10.2022

Recensione de SULLA MORTE SENZA ESAGERARE visto nella stagione 2016/17; a cura di Adelio Rigamonti

LA MORTE VESTE CARDIGAN

[...] La Compagnia Teatro dei Gordi ripropone al Gerolamo il proprio spettacolo cult  qui di seguito la recensione nel debutto del marzo 2017,


Sulla morte senza esagerare è un raffinatissimo spettacolo che nella scelta del titolo omaggia Wislawa Szymborska, la grande poetessa polacca, anche se nello spettacolo non vi è alcun riferimento ai suoi versi. Lo stesso giovane regista Riccardo Pippa ha dichiarato di aver tolto qualsiasi riferimento ai versi della Szymborska, perché temeva che potessero essere un qualcosa di "estraniante" dal lungo lavoro drammaturgico di preparazione compiuto collegialmente con i quattro giovanissimi interpreti.

Certo può sembrare strano, se non addirittura fuori luogo, parlare di drammaturgia per una pièce che non ha una sola battuta, ma in questo caso ci troviamo dinnanzi a un teatro di figura, in cui l'azione mimica è supportata da un'attenzione drammaturgica assai curata senza voler cercare la genialata a tutti i costi come spesso accade, anche assai di recente, ad alcuni attori o registi affermati.

Il collettivo dei Gordi, formato da giovani se non giovanissimi, non cerca genialate per stupire ma riesce, quasi con affabilità, a parlare della morte in un'atmosfera ricca di poesia e di suggestioni, anche grazie alle splendide maschere mute di Ilaria Ariemme con tratti che ricordano da vicino la pittura di Otto Dix. Colpisce l'intelligenza e la delicatezza a volte lirica, a volte ironica, con la quale viene rappresentato e comunicato divertendo l'attimo in cui vita e morte si confondono prima di continuare a essere vita o a transitare annullandosi nella morte.

Una morte tipo vicino della porta accanto, umana, che indossa un cardigan sdrucito, strapazzato e bucato, un po' impacciata e pasticciona. Attende i clienti su una panchina, prendendosi cura di una piantina di cactus, più simile alla figura di un impiegato di concetto, per giunta pensionato, che alla figura arcigna con tanto di falce in mano, che tanto popola l'immaginario collettivo. Una morte senza fretta che attende accanto a un lampione, che accendendosi a intermittenza segnala l'arrivo di nuovi clienti, a cui sarà concessa la scelta di decidere il momento esatto del trapasso.

Nel ventaglio di clienti è rappresentato un ricco campionario d'umanità: un suicida recidivo e indeciso, un giovane, vittima di un incidente stradale, spavaldo e patito di selfie, una coppia di anziani coniugi separati dalla morte, una prostituta, un soldato, la sua donna incinta che sceglie per sé e per il figlio la vita. Quando poi sarà il tempo, la maschera calerà dal volto ponendo fine alla recita terrena e liberando l'anima in luoghi e tempi sconosciuti. A tal proposito suggestivo e commovente il passaggio del vecchio coniuge, stentato e ricurvo, che, calata la maschera nell'abbraccio con la morte, diventa anima giovane e dalla prorompente fisicità. A questo inventario di umanità va aggiunto un buffissimo angelo ispettore con tanto di block notes e ali arruffate e spiumate.

L'idea dell'eternità della morte viene smentita con la sostituzione del primo personaggio morte con un altro, dall'aspetto più elegante ma forse meno umano, anche se ciò non ci è dato a comprendere .

In un contesto in cui nulla sa di scontato, di ripetuto, di luogo comune è sorprendente la cura nei dettagli, soprattutto nei preziosi movimenti in sincrono da parte dei quattro splendidi interpreti (Giovanni Longhin, Andrea Panigatti, Sandro Pivotti, Matteo Vitanza). Il tutto viene supportato da un efficace puzzle sonoro e musicale ideato da Luca De Marinis e dallo scrupoloso disegno luci di Giuliano Bottacin.

Con la riproposizione del quasi scordato teatro di figura da parte della giovanissima compagnia/laboratorio i Gordi, viene ribadito che il nuovo va ricercato nella tradizione e ancor più nel lavoro serrato. Chapeau!

Adelio Rigamonti