RECENSIONE TEATRO DELLA COOPERATIVA (tdc23/1)

26.01.2023

Recensione di "Falcone, Borsellino e le teste di minchia (Il ridicolo onore)" visto il 21/1, a cura di Claudia Pinelli

UNO STRANO PAESE

Giulio Cavalli porta sul palco uno spettacolo di narrazione che diventa una denuncia serrata e martellante, della mafia sì, ma anche dei comportamenti mafiosi, di chi potrebbe ma non fa e non interviene, di chi si limita a guardare, di chi evita le domande scomode.

Coinvolge tutti, anche gli spettatori che forse usciranno più consapevoli e indignati, ma non assolti.

Non solo quindi la "mafia" nelle sue varie declinazioni e il suo criminale modus operandi, ma anche chi rimane passivo, chi si adegua, chi fa da eco a un sistema scrivendo su giornali blasonati, ma tralasciando le domande scomode, come abbiamo potuto vedere in casi recenti di arresti di latitanti.

Il tono non è del "j'accuse" e lo stesso Cavalli è "responsabile" e coinvolto, come tutti, e non si auto-assolve.

La narrazione è vibrante, veloce, il tono anche scanzonato, sicuramente ironico e amaro, nell'evidenza di situazioni paradossali che sono sotto gli occhi di tutti, ma che vengono affrontate non dalla società nel suo complesso, ma da pochi impavidi, giornalisti e magistrati, che si scontrano con la mancanza di solidarietà, sprofondati in una solitudine che ne decreta una sorte terribile ma non imprevista. Solo allora verranno riconosciuti come "giusti" e potranno entrare nell'alveo degli "Eroi", sarà proprio chi li ha abbandonati a erigere statue non necessariamente materiali e a deporre pomposamente corone, l'importante è che tutto continui tale e quale.

Lo spettacolo scorre senza sbavature, con parti più spontanee e altre più studiate e impostate e Giulio Cavalli tiene tutti inchiodati coadiuvato dal musicista Federico Rama.

L'attore (ma anche giornalista e ex assessore regionale lombardo) coinvolge e non si fa remore di fare nomi e cognomi (e questo lo ha portato negli anni, e anche per precedenti spettacoli, ad accumulare denunce e minacce), con coraggio civile.

L'unico appunto che gli muovo, e qui mi permetto una nota personale, è che per mia indole non apprezzo che le colpe dei padri (e possiamo usare questo termine a ragion veduta trattandosi di capi maschi che vedono quasi sempre le donne in posizione defilata o come vittime) ricadano sui figli e le figlie per il cognome che portano e non per le loro azioni.

Siamo uno strano paese e continuiamo a esserlo, è questa la conclusione di Cavalli, dove si sono potute compiere stragi, di mafia e di stato, dove ci sono corresponsabilità, dove molto è rimasto impunito o inspiegato, dove scompaiono agende e i magistrati che fanno il loro lavoro vengono fermati, anche brutalmente.

Ma uno strano paese che non si arrende e che pretende, ancora e malgrado tutto, verità, giustizia e memoria.

Claudia Pinelli