Recensione/Teatro Carcano

08.04.2024

LE SERVE di Jean Genet Regia di Veronica Cruciani con Eva Robin's Beatrice Vecchione Matilde Vigna
visto il 4/4/24 recensione Claudia Pinelli

La regia di Veronica Cruciani è efficace, decisa, intensa, si nutre di scambi serrati, di sguardi e movimenti che sembrano passi di danza, mentre fa immergere nel labirinto di menti lucide e al contempo perverse e oscure, ottenebrate da invidia e bisogno di affetto, da rivalsa e riconoscimenti, tutto nei travestimenti di questa bellissima e truce drammaturgia che Jean Genet trasse da un terribile fatto di cronaca che sconvolse la Francia negli anni '30 del 1900.

Beatrice Vecchione, Claire, e Matilde Vigna, Solange, entrano nel ruolo cambiandosi i vestiti in scena, diventano le Serve della Signora, che si travestono, una indossando i panni e i gioielli di chi odiano e amano al contempo, l'altra impersonando non sé stessa ma la sorella, realizzando nella finzione quella volontà di dominio che si manifesta in cambi di voce e atteggiamenti, entrambe le attrici bravissime nei rapidi cambi di personalità e di movimenti scenografici, reggendo perfettamente un testo che coinvolge e sconvolge trascinando in una psicosi di invidia e invisibilità.

Sono loro il fulcro dello spettacolo che riescono a enfatizzare il ruolo, quasi un cammeo ma splendidamente impostato di Eva Robin's, che interpreta una Signora che snobba, che dona e nega, atteggiata e indifferente alle sorti di chi le è sottoposta.

Sono dinamiche dilanianti e a senso unico quelle tra le due sorelle e la Signora di cui sono le tuttofare, quest'ultima figura rievocata ossessivamente anche in sua assenza quando una delle due ne assume le vesti e gli atteggiamenti dispotici assurgendo per quegli attimi a quei vertici sociali invidiati e l'altra sfoga sogni di rivalsa e eliminazione fisica in rituali ossessivi nutriti di invidia di classe, di mancanza di visibilità, di voglia di riscatto, di dominio e sottomissione, ma anche di "femminilità malata". Nulla è lineare nei loro rapporti, i ruoli tra chi è dominante e chi è dominata si mischiano, così come la Signora confonde i nomi delle sorelle sottolineando la loro non identità, così i toni di voce marcano il ribaltamento di psicologie difficilmente codificabili che individuano la causa della propria infelicità in quell'altro da sé agognato, che si vorrebbe conquistare eliminando i rivali, che si odia perché non si vive che della sua ombra, delle sue elargizioni di affetti e di vestiti. E si arriva al tragico epilogo, l'estremo gesto che porterà almeno una di loro a uscire dall'anonimato della storia finalmente indicata per nome e cognome.

Uno spettacolo convincente, un viaggio nella psiche che avvolge e non assolve. Brave tutte.

Claudia Pinelli