RECENSIONE/TEATRO CARCANO(tca5)

05.12.2022

Recensione de EL NOST MILAN  ( La povera gente) da C. Bertolazzi Ideato e diretto da S. Sinigaglia; a cura di Adelio Rigamonti

EPICO E VERO EL NOST MILAN PARTECIPATO AL CARCANO

Dopo aver visto El nost Milan ideato e diretto da Serena Sinigaglia vengono su dal di dentro grossi paroloni positivi per il grande esperimento di teatro collettivo, sociale e popolare portato sulle tavole del Carcano, il medesimo Teatro in cui debuttò, centotrenta anni fa, l'opera di Carlo Bertolazzi.

Del testo originale è rimasto lo spirito dal quale Serena Sinigaglia, assieme a un gran numero di collaboratori e sceneggiatori, ha tratto il vissuto più che la narrazione della povertà d'oggi nella Milano dei nostri giorni. Un vissuto estremamente impolverato: una polvere molesta che è difficile rimuovere dal di dentro. Una polvere che subiamo trovandoci nel mezzo di una mappa della povertà d'oggi a Milano.

Privo completamente di retorica o di forme banali di complicità melensa, lo spettacolo ha trovato in un'esemplare Lella Costa il filo rosso del racconto drammaturgico. Un racconto funzionale, quasi a collocare sulla mappa milanese della povertà i luoghi in cui i collaboratori della Sinigaglia hanno raccolto testimonianze dirette.

Se, per mestiere, mi è facile rimuovere i grossi paroloni positivi che vengono su dal di dentro, d'altra parte mi è assai difficile resistere all'emozione che lo spettacolo riesce ad agitarmi nel profondo. Una tale emozione, che in alcuni istanti, non pochi, mi ha inumidito gli occhi, l'avevo vissuta molti anni addietro, assistendo a Wielopole, Wielopole del grandeTadeusz Kantor.

Certo ho visto altre rappresentazioni del Nost Milan: come dimenticare la straordinaria messa in scena di Strehler? Ma questo lavoro imponente, nel quale 150 cittadini s'impossessano del palco quasi a testimoniare ciò che riesce a sopravvivere della genuinità spontanea dell'uomo e soprattutto a urlare forte il bisogno di un indiscutibile "umanesimo necessario".

A questo punto mi viene di ritornare alla polvere che invade il tutto con una forza che non mi sembra troppo definire metafisica. Una polvere che sembra di respirare, o forse respiri realmente, una polvere che sporca la vita di chiunque abbia a cuore la convivenza e l'inclusione. Quella sul palco è una narrazione senza orpelli, senza le contrastate e delicate storie d'amore del Bertolazzi, è l'illustrazione della vita così com'è, semplicemente senza girarci troppo d'attorno.

Serena Sinigaglia e il gruppo di drammaturghi coordinati da Tindaro Granata ci hanno offerto una prova della bellezza di quel teatro, che senza cervellotiche genialità, sa essere ancora ricco, addirittura sporco e impolverato di vita.

Un grande spettacolo, che definire corale è ben poco se non unito al termine "partecipato", che si muove nella scena essenziale di Maria Spazzi, un Duomo scomposto, sovrapposto, graffiato e sono proprio intimi graffi quelli che ti senti dentro durante e soprattutto dopo lo spettacolo. Grazie per questo spettacolo/umanità che temo sia di difficile replica e questo è un vero peccato perché un simile teatro/graffio dovrebbe essere visto, essere visto, essere visto per aiutare tutti a spostare sempre più in là la polvere, fino a rimuoverla del tutto dalla nostra vita sporca.

Adelio Rigamonti

con lode