RECENSIONE: TEATRO CARCANO (tca1)

02.10.2022

Recensione de IL MERCANTE DI VENEZIA  da Shakespeare con D. L. Palla, visto il 15/12/17, a Cura di Adelio Rigamonti

UN MATTATORE DI RAZZA *

Bene ha fatto il Teatro Carcano, purtroppo per soli quattro spettacoli, a portare sul proprio palcoscenico un gustoso Mercante di Venezia interpretato, meglio raccontato, da un disincantato cantastorie Davide Lorenzo Palla, accompagnato dal polistrumentista Tiziano Cannas Aghedu, il tutto per la regia di Riccardo Mallus.

Come recita il foglio di sala i tre giungono al Mercante di Venezia dopo un lungo lavoro fatto con Tournée da Bar, la giovane impresa culturale che ha portato con grande successo i classici di William Shakespeare nei bar di tutta Italia. Dopo quel gran lavoro durato anni ora si fa un passo avanti affrontando una grande scommessa: portare il pubblico, o parte di esso, conosciuto nei bar o in altri luoghi non convenzionali, in un teatro vero. Davide Lorenzo Palla manda subito in frantumi la cosiddetta quarta parete, interagendo in brillantezza col pubblico, e ci offre un gustoso mix di atmosfere, dallo storico Globe Theatre in cui Shakespeare metteva in scena i propri spettacoli davanti a un pubblico che chiacchierava, mangiava e beveva, al bar di un periferico quartiere con profumo di birra dove lui per anni ha proposto, a modo suo, i lavori del Bardo.

Alla fine del divertentissimo e coinvolgente prologo tra farsa e suggestioni da tifoseria calcistica, il giovane attore si mostra per quello che è: un mattatore o, usando una vecchia definizione, credo in disuso, un grande animale da spettacolo. Quasi dialogando con il bravo e puntuale Cannas Aghedu, che suona davvero di tutto (fiati, percussioni, tastiere), Palla rende vivi ed efficaci i molti, contrastanti personaggi di una delle opere più dense di Shakespeare. Al centro della narrazione Palla ha deciso di porre la figura dell'ebreo Shylock, nel suo precipitare da malvagio carnefice a vittima di un brutale imbroglio. Palla affronta con abilità e disinvoltura, quasi facendolo scivolare con apparente noncuranza, il grande suggestivo e perverso monologo "Che badi bene alla sua obbligazione", uno dei passi più noti dell'intera produzione shakespeariana. Quella libbra di carne, chiesta al mercante Antonio da Shylock, con tanto di dichiarazione sottoscritta, per un prestito non restituito, aleggia con tutta la sua riluttanza anche nell'agire e nel dire del guittesco interprete.

Più volte viene accortamente suggerito al pubblico di ricorrere all'immaginazione per ricostruire personaggi e luoghi della vicenda che si alterna tra Venezia, città di commercio e di affari, del nuovo mondo borghese, e Belmonte, il ricco e fiabesco palazzo di Porzia in cui si svolge la celebrazione dell'amore. Tutto riesce a meraviglia e sembra oliato e funzionale già nella prima e non dispiacciono affatto anche le digressioni divulgative sul funzionamento di Punta della Dogana o sull'etimologia del termine ghetto.

Non ho voluto indugiare nella trama, che credo nota ai più, anche perché l'efficace originale narrazione merita di essere vista più che raccontata. Per chiudere un bravo se lo merita anche lo scenografo Guido Buganza, che, con la gran mappa dell'antica Venezia posta sul fondo e illuminata di volta in volta con una pila dal cantastorie Palla, aiuta e non poco il pubblico a quei salti di immaginazione tante volte sollecitati. Una scommessa, di cui ho detto all'inizio, vinta e che merita di essere sostenuta e divulgata. Da vedere.

Adelio Rigamonti

* Recensione del 5 dicembre 2017